Sempre meno italiani

Ben trovati, è storia di ieri il trasferimento(record direi) del difensore Giovanni Leoni nato il 21-12-2006, quindi ancora diciottenne, al Liverpool per 35 milioni di euro piu’ bonus. Nonostante la giovanissima età Leoni ha già all’attivo tre campionati tra i professionisti in Italia: la sua è stata una escalation senza freni: una stagione in serie C con il Padova con esordio tra i professionisti, poi una stagione in serie B con la Sampdoria, dove mette a segno il primo gol in carriera, e lo scorso anno , una stagione con il Parma, dove esordisce in serie A disputando 17 gare mettendo a segno una rete. Ieri 15 agosto è stato perfezionato il suo passaggio al Liverpool, fra le squadre piu’ titolate e attualmente piu’ forti al mondo. Complimenti al ragazzo , per questa ascesa irrefrenabile, sono certo che a breve potrà diventare una pedina di riferimento anche per il reparto arretrato della nostra Nazionale, che ha bisogno di nuovi talenti per rinnovarsi. Quello però che mi fa un certo effetto, è come i nostri migliori talenti, lascino il nostro campionato cosi’ presto, che non ci sia la forza per trattenerli e come soprattutto la nostra serie A, si stia sempre piu’ svuotando di calciatori made in italy.

Non parliamo solo di grandi fenomeni, come indubbiamente Leoni sta dimostrando di essere, ma se guardiamo le rose della nostra serie A, troviamo sempre meno elementi italiani, anzi in molti casi , trovare calciatori italiani è quasi una rarità. Mi viene in mente l’esempio, del Lecce, società diretta dal grande scopritore di talenti Pantaleo Corvino, salentino DOC, con una grande carriera alle spalle, anche con Fiorentina e Bologna; va detto che l’obiettivo della proprietà è mantenere la categoria e valorizzare nuovi talenti, da vendere al meglio, e il Lecce, negli ultimi anni, è riuscito benissimo a perseguire entrambi gli obiettivi. Scorrevo la rosa del Lecce attuale (ricordiamo che il mercato non è terminato), qualche giorno fa e vedevo come sono solamente due gli italiani in rosa, fra i quali il portiere Vladimiro Falcone; nella scorsa stagione solo il 15% dei giocatori della prima squadra erano italiani. Discorso analogo per l’ Udinese, che da anni si conferma senza problemi in serie A, e valorizza giocatori, o ne rivitalizza altri. Quest’anno ha venduto il centravanti Lucca al Napoli campione d’Italia, per 35 milioni di euro, dopo che due stagioni fa era finito un po’ nel dimenticatoio, dopo una stagione negativa in Olanda.

La compagine friulana, allenata da un allenatore serbo-tedesco, lo scorso anno oltre al citato Lucca , aveva in squadra come italiani solo il portiere di riserva ormai quarantenne ( classe 1985) Padelli, e l’altro giovane terzo portiere Edoardo Piana ( mai sceso in campo) solo il 10% dell’intera rosa , era costituita da giocatori italiani, ma il solo Lucca di fatto, ne è stato parte attiva nel corso della stagione. In questa sessione di calciomercato è arrivato il giovane Bertola dallo Spezia , ma la percentuale di italiani è rimasta pressochè la stessa (ricordiamo sempre a circa 15 giorni dalla chiusura del calciomercato). Udinese e Lecce, sono solo due esempi, ma in serie A ormai i calciatori italiani, sono nettamente meno della metà, anche squadre che lottano per il vertice come il Milan, sono formate da quasi solo giocatori non italiani, stesso discorso per il Como milionario, giocatori titolati, come Sergi Roberto, una vita al Barcellona, ma che sta perdendo sempre piu’ la suà identita’ di squadra italiana, in favore di una compagine ormai di fatto internazionale, anzi i pochi giocatori italiani sono stati ceduti, o in procinto di esserlo come l’attaccante Cutrone, alla fine del mercato gli unici italiani presenti nel gruppo prima squadra del Como potrebbe essere, il difensore centrale Dossena, lo storico attaccante Gabrielloni, ed Edoardo Goladaniga. Pero’ certo , quello che conta per chi investe il proprio denaro, e per i tifosi sono i risultati, e questi sono dalla loro parte indubbiamente. Un tempo c’era lo slogan sulla serie b ” il campionato degli italiani” , ed è proprio vero ed attuale. Io che sono figlio degli anni ’70 e ricordo i leggendari campionati degli anni 80′ con la serie A a 16 squadre e al massimo due stranieri in rosa poi tutti italiani, provo profonda nostalgia: certo scandagliare i mercati globali del calcio e scovare nuovi talenti, è indubbiamente una sfida avvincente, che puo’ regalare enormi soddisfazioni, ma non riesco piu’ ad affezionarmi a questi calciatori, ad immedesimarmi in loro, come da bambino potevo fare con Ramon Diaz, o con Arcadio Spinozzi, giusto per citarne due (mi è venuto in mente il campionato di Serie A 1983/84), o Bruno Giordano, o Fabio Brini, o Stefano Tacconi, e a questo punto i ricordi si susseguono e si aprono i cassetti della memoria con le esperienze personali vissute, come gli stadi sempre pieni fino all’inverosimile, dove era una festa domenicale per tutti. Mi piacerebbe capire , come abbiamo fatto ad arrivare a questo punto, i calciatori stranieri che compongono le rose delle squadre di serie A, sono piu’ bravi dei ragazzi della scuola italiana? Certo i risultati ultimi della Nazionale, qualche domanda potrebbero anche porla! Resta il fatto che tifosi lo saremo sempre e continueremo a sostenere le nostra squadre del cuore, indipendentemente da chi indossa la nostra maglia, noi chiediamo solo, sacrificio, sudore, attaccamento alla maglia, rispetto per i nostri colori, indipendentemente dall’origine di chi le indossa, però, mi ripeto , e questa è sola la mia e semplice opinione, ma avendo vissuto un calcio molto romantico, dove il senso di appartenenza era molto forte, non riesco a provare le stesse emozioni, che mi regalavano i miei beniamini in passato.

Il mondo è certo cambiato, e i ragazzi i giovani tifosi, i me attuali, sono abituati anche , alla realtà in cui vivono, a scuola, nelle amicizie, a confrontarsi, con ragazzi provenienti da ognidove, quindi probabilmente non fanno piu’ di tanto caso se nella loro squadra del cuore , la presenza di italiani e’ cosi’ ridotta, l ‘importante è quello che esprimono in campo, e il modo in cui onorano la divisa che indossano.

Viviamo l’era della globalizzazione anche nel mondo del pallone, ma non siamo in grado di tenerci i nostri migliori talenti, che a 18 anni come Leoni, emigrano verso l’eldorado del pallone: negli anni ’80 il campionato italiano era il piu’ ambito del mondo: c’erano Maradona, Rummenigge, Zico , Platini , Socrates, Falcao, i calciatori migliori al mondo, adesso siamo retrocessi in quarta quinta posizione in Europa, su questo tema si dibatte da anni, ma soluzioni concrete non se ne vedono, il grosso dei nostri stadi sono obsoleti, in questi ultimi anni, molte società hanno presentato progetti avveniristici, di ammodernamento o costruzione di nuovi impianti, ma quasi nessuno riesce ad andare in porto (se non in previsione di manifestazioni come ad esempio gli Europei del 2032), in Inghilterra , invece, ad esempio, c’è un rinnovamento costante, con stadi modernissimi, sicuri e all’avanguardia, come mai?

E’ una bella domanda , questa con cui vi lascio, con l’auspicio (da inguaribile ottimista quale sono) che si trovi una soluzione , che possa far tornare il calcio italiano, ai livelli in cui l’ ho conosciuto io da bambino, dove il calciatore nel pieno della sua carriera ci preferisce ad altri tornei, è non decide di venire da noi a fine carriera ultra trentenne, a guadagnare gli ultimi soldi prima di terminare la carriera( Modric?lui compirà tra poco 40 anni in verità).

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