…maradona è megl’ e pelè…

…Maradona è megl’ e Pelè… Questa popolare canzoncina, ha accompagnato per anni, e probabilmente lo fa ancora, i milioni di napoletani sparsi per tutto il mondo e non solo loro, nacque negli anni’80 dopo l’arrivo nella squadra azzurra del miglior calciatore al mondo Diego Armando Maradona nel luglio del 1984. Ricordo nitidamente quel periodo, trascorrevo come tutti gli anni della mia gioventù l’estate sulle spiagge di Marina di Carrara, prima delle interminabili partite di pallone sulla spiaggia e di un tuffo nel mare, era d’obbligo la lettura del Corriere dello sport, che ormai, nonostante avessi solo 9 anni, acquistavo autonomamente: già allora “malato di calcio” divoravo con avidità le notizie che riguardavano il calcio mercato, con la possibile composizione per la nuova stagione delle rose, ero inoltre diciamo così “parte in causa” , la mia squadra del cuore l’Avellino si apprestava nella stagione 1984|85 a disputare il suo settimo campionato di serie A consecutivo. La trattativa Maradona-Napoli, non vi nego mi colse di sorpresa, ne credevo potesse andare a buon fine, certo parlavamo del Napoli una società di grandissime tradizioni, una città grande e meravigliosa, e, al tempo, con lo stadio più grande d’Italia il San Paolo capace di ospitare fino ad 85.000 spettatori, con un presidente molto ambizioso quale Corrado Ferlaino, tuttavia nella stagione precedente il Napoli si era classificato al 12° posto in classifica piazzandosi davanti alla Lazio e dietro all’Avellino centrando così la salvezza ed erano alcuni anni, ormai, che non lottava per i vertici della classifica. Questo era il clima, ma nonostante ciò quell’estate Diego Armando Maradona, il più forte calciatore del mondo, lasciò il Barcellona per trasferirsi al Napoli per 13 miliardi di lire.

L’arrivo di Diego a Napoli, andò ben aldilà dell’aspetto sportivo, o meglio l’aspetto sportivo fu il mezzo uno straordinario strumento maneggiato da centinaia di migliaia di persone, capace di scardinare tanti pregiudizi e di far riemergere nella popolazione l’orgoglio di essere napoletani, un termine quest’ultimo non più sinonimo di cose negative, ma invece portatore di gioia, rispetto, positività: partì un grande sentimento di rivalsa per la gente di Napoli. Certo tutto passò dal campo da gioco, dalle magie di Maradona, e dalla crescita lenta, ma costante della squadra, gli esordi nel 1984 non furono semplicissimi, nonostante accanto a Diego fossero arrivati altri ottimi elementi per far crescere il tasso tecnico come Salvatore Bagni, la prima annata non portò grandissime soddisfazioni, ma tanto entusiasmo quello si, e pose le basi per i grandi successi degli anni a venire.

La prima volta che vidi giocare dal vivo Diego Armando Maradona, fu nell’estate del 1989 gara amichevole: presso lo Stadio Partenio di Avellino si disputò Napoli- Racing Avellaneda squadra argentina (di questa gara conservo ancora il tagliando che all’ingresso mi fu strappato orizzontalmente e che vi mostro), che schierava tra i pali Ubaldo Fillol, portiere campione del mondo con l’Argentina ai campionati del mondo del 1978. Quella sera lo stadio Partenio era esaurito, erano presenti circa 40.000 spettatori quasi tutti provenienti dal capoluogo campano. Il Napoli si stava preparando per affrontare il campionato, che poi avrebbe vinto portando in dote il secondo scudetto, erano in campo tutti i titolari, ricordo in porta il compianto Giuliano Giuliani , e c’era ovviamente Maradona che giocò una grande partita, segnando una rete, ricordo i ritmi altissimi pur essendo un amichevole, il Napoli entusiasmò tutti noi presenti, in modo particolare i suoi tifosi ed alla fine vinse con il punteggio di 4-1.

La prima volta non si scorda mai, e sicuramente avrò sempre negli occhi le incredibili giocate di DAM nella gara amichevole di fine estate 1989; dirò di più, in generale penso di essere stato un privilegiato ad aver avuto la fortuna di poter vedere dal vivo le giocate di questo grande campione, è sicuramente qualcosa che mi ha arricchito molto personalmente e sono ricordi che custodisco con orgoglio ed un pizzico di malinconia dentro di me.

Di ben altro tenore fu il match in cui ebbi, ancora una volta, la possibilità di ammirare Diego Armando Maradona dal vivo, è il 30 giugno 1990 , il Napoli ha ormai conquistato il titolo di campione d’ Italia, e l’attenzione quell’estate si sposta sui campionati del mondo di calcio che si disputano in Italia.

Italia ’90 , riuscii a vedere tre partite dal vivo, purtroppo nessuna dell’Italia, ma fu comunque una bellissima esperienza , soprattutto nei miei ricordi di 15 enne, di grande gioia, condivisione e fratellanza con i tifosi di tante nazionalità diverse: la prima partita a cui assistetti fu Austria – Cecoslovacchia nel girone eliminatorio , le due nazionali erano nel girone dell’Italia il match si gioco’ a Firenze, successivamente vidi a Genova l”ottavo di Finale fra Eire -Romania terminato con la vittoria ai rigori dell’Eire futuro avversario dell’Italia ai quarti ed infine di nuovo a Firenze il quarto di finale tra Argentina e Jugoslavia. Furono match interessanti anche sotto il piano politico: la Cecoslovacchia era ancora una nazione unica, la Romania si era da poco liberata dalla dittatura comunista di Ceausescu, la Jugoslavia era ancora unita prima della frantumazione iniziata nel 1991, fu quella anzi l’ultima partita della Jugoslavia unita ad una grande manifestazione calcistica internazionale, infatti nel 1992 seppur qualificata rinuncio’ alla partecipazione ai campionati europei, al suo posto venne ripescata la Danimarca che incredibilmente si laureò campione d’Europa.

Tornando a quel 30 giugno 1990, quel giorno Firenze era avvolta dalla morsa di un caldo asfissiante, c’erano infatti ben 40 gradi e c’era una forte umidità tale da rendere molto faticoso anche il solo respirare. Quel giorno allo stadio Comunale (a quel tempo non era ancora stato intitolato alla memoria di Artemio Franchi) scattai alcune foto dalla mia postazione sugli spalti con la mia macchinetta fotografica con il rullino, per preservare il ricordo di quella partita e che vi mostro prima di continuare il racconto dei miei ricordi, in sequenza vedrete: l’ingresso delle formazioni sul terreno di giuoco, una porzione di stadio (curva Fiesole e tribuna laterale), una fase di gioco ed ,infine, il rigore calciato da Diego Armando Maradona (la qualità di quest’ultima foto purtroppo è condizionata dal riflesso del sole che stava tramontando).

Oltre al gran caldo ed ai colori e alla festa del tifo argentino, ricordo che fu una partita molto tattica, nell’Argentina c’era Maradona è vero, ma sul fronte opposto giocavano Dragan Stojkovic considerato il più’ forte giocatore d’Europa, Dejan Savicevic che avrebbe vinto tutto a livello di club con il Milan di Silvio Berlusconi, e Robert Prosinecki. Maradona non giocò in vero una gara memorabile, il clima afoso condiziono’ tutti, l’incontro termino’ a reti inviolate dopo 120′, quindi la gara si decise ai calci di rigore, Maradona calcio’ male e debolmente il suo permettendo la parata al portiere slavo, nonostante ciò la squadra dell’America del Sud riesci ad arrivare alle semifinali dove avrebbe incrociato l’Italia a Napoli…

Questi i miei ricordi diretti ed indelebili di Diego Armando Maradona, ed è così che voglio ricordarlo come calciatore e come uomo, che con il piglio dei più illuminati condottieri ha saputo guidare chiunque si identificasse in lui indipendentemente dalle divisioni geografiche, al riscatto sociale, all’uscita dall’emarginazione, al superamento di tanti stupidi pregiudizi; ma soprattutto con le sue giocate incredibili ha saputo donare tanti momenti di gioia e serenità dove erano realmente necessari.

UT MEMORIAE INDELEBILI

Libri & Palloni (4)

Cari amici appassionati di calcio, in questo nuovo appuntamento con la rubrica Libri& Palloni, il mio “consiglio” letterario si rivolge ad una lettura, a mio avviso assolutamente imperdibile, un libro scritto da un allenatore non fra i più’ celebrati ,ma assolutamente fra i più intelligenti , innovativi e seri del panorama nazionale. Un tecnico del quale ho iniziato a seguire la carriera nei primi anni ’90 quando portò una piccola realtà come il Sandona’, squadra di San dona’ di Piave, nei campionati professionistici, proponendo un calcio votato all’attacco, ma non per questo spregiudicato, ne squilibrato, un tecnico dalla storia davvero affascinante, che ho sempre stimato ed apprezzato particolarmente e che merita di essere ricordato e conosciuto da tutti per la sua signorilità , la sua carica di umanità , le sue idee e, soprattutto, per il suo ruolo di educatore, in uno sport, dove determinati valori sportivi ed umani vengono sempre più spesso soverchiati dalla forza dirompente del denaro.

Il libro, che io ho letto poche settimane fa, e che vi invito a leggere si intitola ” IL CALCIO E L’ISOLA CHE NON C’E’ ” edito da Mazzanti Libri pubblicato nel 2014 autore EZIO GLEREAN

La storia di Ezio Glerean comincia in Veneto a San Michele al Tagliamento dove nasce nel 1956, buon calciatore, io ho ricordi di lui nella Cavese e nel Trento negli anni ’80, ma le maggiori soddisfazioni calcistiche, arrivano una volta attaccate al cd chiodo le scarpe bullonate. Nei primi anni ’90 fu l’artefice dell’approdo per la prima volta tra i professionisti del Sandona’ la squadra di San Dona’ di Piave , una formazione composta da calciatori che avevano prevalentemente giocato fra i dilettanti, mettendo in mostra un calcio altamente offensivo, frutto di anni di studi in Olanda dove si e’ formato tecnicamente, molti dei giocatori di quella squadra furono poi grandi protagonisti anche nelle successive stagioni al Cittadella.

Proprio a Cittadella, il mister veneto cominciò ad avere le giuste attenzioni per il suo lavoro: prima di allora di Ezio Glerean si conosceva poco, si sapeva che aveva una bellissima moglie olandese , Caroline, ma le imprese calcistiche con il Sandona’ non avevano avuto il giusto risalto sulla stampa nazionale, anche perché non erano andate aldilà della serie C2, (negli anni successivi il Sandonà guidato da Bruno Tedino giocherà anche in serie C1), qui propose alla ribalta nazionale il suo famoso modulo ultraoffensivo 3-3-4 , con il quale riusci’ a portare una piccolissima realtà come Cittadella in serie B confermandosi protagonista, era un modulo offensivo ma tutto sommato anche equilibrato dove gli esterni d’attacco, dovevano essere bravi a ripiegare nella fase difensiva, cosi come gli esterni di centrocampo. Questo modulo assolutamente innovativo per il calcio italiano, dove fino ad allora già’ il 4-3-3 tanto caro a Zeman era considerato uno schema ultraoffensivo, dove in assenza di adeguata copertura difensiva si rischiava di essere troppo sbilanciati e subire molte reti, anche se il gioco era altamente spettacolare e molto spesso anche redditizio.

Ezio Glerean , come detto si formo’ come tecnico in Olanda, seguendo da vicino gli allenamenti dell’Ajax dove elaborò il suo impianto di gioco. Nel libro spiega bene le tecniche e le metodologie degli allenamenti che seguì, nei diversi periodi in cui fu ospite dell’Ajax, soffermandosi sulla figura di Joan Crujff allora allenatore dei lancieri e della sua supervisione su tutti gli allenamenti anche dei ragazzi delle giovanili, tutti allenati con lo stesso metodo con lo scopo di arrivare in prima squadra, i calciatori venivano scelti ed indirizzati fin da piccoli, inculcandogli i valori che da sempre hanno contraddistinto la squadra.

Proprio a questi valori , si è sempre ispirato il mister, cercando di imprimerli nelle menti dei giocatori che ha avuto a disposizione nel corso della sua carriera, cercando di trasmettere esempi morali e umani che alla base di ogni risultato e soddisfazione sportiva.

Oltre a ricordi e aneddoti di presidenti galantuomini, di gruppi di calciatori che sono diventati come come una sorta di seconda famiglia, di eccezioni di calciatori , che mal consigliati, hanno fatto prevalere gli aspetti materiali su quelli umani, il testo si sofferma molto sull’aspetto strettamente morale ed educativo che lo sport deve insegnare, ai valori come rispetto, lealtà e fiducia che dovrebbero essere alla base di ogni competizione di qualsiasi tipo.

Nel calcio attuale, dove i ritmi sono forsennati, dove a tutto viene dato un valore monetario, dove raramente viene concesso di sbagliare, queste teorie potrebbero fare sorridere ed essere considerate superate e viste come una perdita di tempo, ma a mio avviso sono ,invece, l’essenza stessa di questi fantastico sport, e chiunque abbia intenzione di approcciarvisi dovrebbe attenersi scrupolosamente alla loro osservanza, cercando di capire quale sia la scala di valori da seguire, e non cercando ,come sovente avviene oggi, quella che sia la via più’ velocemente indirizzata verso la popolarità e i guadagni: non dimenticare mai che il calcio prima che un lavoro è una passione , e come tutte le passioni va assecondata con rispetto ed abnegazione.

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